Genio e sregolatezza: opere
(di Gianfranco Morciano, novembre 2011)
Vincent van Gogh dopo un litigio si tagliò l`orecchio, Mozart alternava frasi scurrili a liriche religiose ed il suo comportamento era considerato imprevedibile, Michelangelo aveva forti sbalzi di umore con scatti di collera (fino a colpire le sue opere), di Ligabue si racconta di come vagasse per la campagna ripetendo il verso degli animali e facendo strani movimenti davanti ai colori che usava (soprattutto il giallo), Modigliani aveva un animo inquieto ed era molto litigioso, è noto l’autolesionismo di Rousseau. Scrisse Albert Einstein: “Talvolta un pensiero mi annebbia l’Io: sono pazzi gli altri, o sono pazzo io?”.
Questo è solo un piccolo elenco, magari di casi estremi, dove il genio si accompagna alla sregolatezza, all’insofferenza per le regole, alle stranezze comportamentali, ma la storia è piena di figure di questo tipo, al punto che numerosi studi sono stati dedicati al rapporto tra disturbo nervoso, mentale o come lo si vuol chiamare, ed il genio.
Gli studi psicologici sulla “creatività” la definiscono come l’abilità mentale di rompere i legami presenti tra dati, per poi provarsi a ricomporre il quadro secondo un diverso e nuovo ordine, la propensione a non accettare le regole così come si presentano ed a metterle in discussione, un riordino che può arrivare a fondare regole nuove. Quando riesce a farlo, altrimenti rimane il disordine.
E’ accettata universalmente la stretta associazione tra genio e creatività, ed in un certo senso si può dire che l’atto geniale non è che la trasformazione ordinata del disordine, della scomposizione esplosiva delle regole.
Nel 2009 fu pubblicata una ricerca genetica condotta dalla Semmelweis University mirata allo studio di un gene, il neuregulin 1 (NRG1), la cui variante è associata a numerosi disturbi mentali, tra i quali il cosiddetto Disturbo Bipolare, bene nella ricerca si è scoperto che le varianti in questione dell’NRG1 erano presenti con più frequenza nelle persone che avevano propensione all’ attività creativa (testata con appositi strumenti). Il legame era talmente stretto da far dire allo psichiatra che aveva condotto la ricerca (Szabolcs Kéri) che “questo è il primo studio a dimostrare che una variante genetica associata a una psicosi può avere funzioni benefiche. Fattori molecolari che sono legati a gravi disturbi mentali, ma anche presenti in persone sane, ci permettono di pensare in modo più creativo“.
Chi mi conosce sa che non amo le ricerche di tipo genetico o biologico localizzazionista (servono anche queste ma non le amo) ed in particolare penso che sulle varianti genetiche ci sia ancora tantissimo da scoprire, insomma da scettico temo che le spiegazioni solo genetiche possano cadere in un eccesso riduttivista. La conclusione ad esempio di Szabolcs è significativa, dice cioè che le varianti in questione possono essere presenti in persone sane con propensione creativa, ma non vi è studio sulle persone normali che dimostra l’assenza di queste varianti genetiche in persone NON CREATIVE! Della ricerca ci rimane come spunto utile al nostro ragionamento solo un fatto: ancora una volta si evidenzia come un difetto possa indurre creatività… e genio (dico io), così come sofferenza e malattia. In questa prospettiva è chiaro che “i difetti” potenzialmente capaci di portare l’uomo in bilico tra genialità e sofferenza mentale possono essere tantissimi, forse tutto ciò che può andare a disturbare il normale funzionamento del sistema nervoso. Attenzione, non sto dicendo che ogni difetto produce creatività, ma che può potenzialmente produrla.
Lo psichiatra italiano Giovan Battista Cassano, forse il più noto psichiatra italiano, nel suo testo-intervista “e liberaci dal male oscuro” pone la questione in modo più convincente (almeno per me). Partendo dal presupposto che l’evoluzione della specie è prioritaria alla sopravvivenza del singolo, egli sostiene che grosso modo vi sono due “tipi” umani prevalenti, due grandi categorie: quella conservatrice e quella innovativa. La prima se pure può mettere in campo elementi di creatività lo fa prioritariamente per applicare al meglio quanto già esiste, tutt’al più a migliorarlo. La seconda categoria umana invece, minoritaria rispetto alla prima, è predisposta a creare risposte nuove ribaltando gli schemi e rompendo le regole. Cassano dice che se non esistesse questa seconda categoria la specie sapiens non sarebbe riuscita a sopravvivere ai repentini cambiamenti ambientali, non si sarebbe adattata ad un mondo in continua evoluzione, ed aggiunge che questa seconda categoria, che è quella della genialità, non solo è più esposta alla sofferenza mentale ma che addirittura nasce da una fragilità mentale, da un difetto ad esempio (questa è mia).
La conclusione del ragionamento sarebbe che la sofferenza mentale è il prezzo che alcuni individui pagano per la sopravvivenza di tutta la specie.
Sono tantissimi i tourettici che al centro della loro inquietudine esistenziale percepiscono come una spinta creativa a dover fare qualcosa di importante, qualcosa di nuovo per la quale sarebbero destinati, ed è proprio questo che spesso impedisce loro di godere delle cose ordinarie o di dedicarsi ad attività ordinarie, anche quelle che alla maggior parte della gente procurano pace e soddisfazione (lavare la macchina, curare un giardino, portare i figli a scuola, controllare il conto in banca)… se fanno queste cose si sentono condannati a doverle fare in modo speciale, e questo alla lunga sfianca. Quando però la sensazione del dover fare qualcosa di importante non trova realizzazione, allora la creatività per alcuni può divenire un arma a doppio taglio, e può rivelarsi distruttiva, a qualunque età.
Tutti i tourettici percepiscono questo rischio, uno dei motivi della loro inquietudine, ma sono ben pochi quelli che rinunciano alla loro creatività (per una ragione di piacere di cui tratto fra poco).
Giusto per aprire una finestra su di una questione che riguarda la nostra sindrome, sul sito dell’associazione Parkinson (scusate se non riporto i dati con precisione ma non ho tempo) si evidenzia come le persone parkinsoniane trattate con DBS (quell’innesto cerebrale profondo di cui l’Italia detiene il primato mondiale per la Sindrome di Tourette) e che avevano capacità creative prime dell’intervento….ebbene, dopo l’intervento, le perdono.
Ma torniamo al nostro ragionamento principale con un ragionamento complesso, che ho in mente da tempo ma che è la prima volta che espongo, partendo da questo quesito: il fatto che l’arte o la creatività siano rappresentate nell’immaginario su di una sola parte della bipolarità genio/follia, quella che anche Szabolcs considera sana, vuol dire di conseguenza che l’arte è terapeutica e che quindi favorirla significa “compensare” (nell’accezione psicanalitica), prevenire o curare il disturbo mentale? Guardate che questa idea è diffusissima tra gli operatori socio-sanitari (quasi senza esclusione), prova ne è che in tutte le strutture psichiatriche le “arti-terapie” si sprecano e sono spesso la pratica più diffusa; si va dalla pratica di pittura, al teatro, alla musica e così via dicendo…tutti convinti che maggiore è l’espressione artistica più completa è la guarigione.
Insomma si va sostenendo che l’arte sia antitetica alla malattia… ma secondo me si sbagliano, si sbagliano e non sanno quanto. Io sono convinto che la propensione creativa non sia l’antitesi alla sofferenza, penso invece che l’accompagni e che qualche volta possa addirittura sostenerla. Penso che genio e follia non siano due poli opposti ed antitetici, ma un amalgama di due sfumature, spesso la stessa cosa. Concedo qualcosa alla loro bi-polarità solo per quanto riguarda la dimensione del piacere, perché solo in questa accezione genio e follia si pongono come su due poli, là dove infatti il genio e la costruzione creativa offrono appunto tanto, tanto piacere. A condizione però che si riesca a costruire qualcosa dal quel caos creativo, si riesca magari a percepire di essere riusciti a dare conseguenza a quella spinta realizzatrice che molti sentono in sé, altrimenti è solo sofferenza, a volte drammatica sofferenza.
A questa sofferenza fa da contrappunto il piacere di creare quando si riesce a creare, ma non è un opposto, non lo é in quanto spesso disturbo e genio si compenetrano, basta guardare “l’urlo” di Munch o l’ultimo quadro di Van Gogh** per capirlo; per la musica non cito, è troppo facile.
L’atto creativo è spesso in sé un’unione di piacere e sofferenza, di moto vitale e paura, al quale i tourettici creativi non riescono a sottrarsi, tanto che anche per loro non è possibile sostenere che l’arte sia terapeutica… come ultimamente qualcuno va sostenendo da qualche parte in internet ed in altre associazioni, essa può essere semplicemente un piacere, quel piacere dato dalla sensazione di costruire qualcosa all’interno di un intollerabile caos. Piacere e rischio.
Ora chiariamo, così come non tutti i difetti neurologici portano necessariamente alla creatività (ne aumentano soltanto la probabilità) allo stesso modo non tutti i tourettici sono necessariamente del tipo creativo… anche se nella mia esperienza clinica, quando ho guardato bene, anche nei più “bloccati” sotto sotto qualche lampo di genio l’ho trovato quasi sempre.
Da una parte la propensione alla musica (su cui tratteremo in altre sezioni, ma che è ormai certo che derivi da un difetto neurologico), dall’altra un prevalente pensiero analogico e visivo ed anche una forte capacità compulsiva-intuitiva, rendono i soggetti tourettici molto più creativi della popolazione normale… questa cosa si sa ma non arriva al grande pubblico (specialmente italiano), sommerso com’è da informazioni spazzatura, dove la sindrome viene presentata sempre come un grande dramma, con la coprolalia a farla da padrona, e con manifestazioni così devastanti da giustificare cure sempre più invasive.
Può essere utile dare della sindrome anche altre rappresentazioni, restituendo nel contempo a chi ne è segnato in vario modo dignità e valore; la produzione artistica o intellettuale dei tourettici a mio parere deve essere conosciuta… perché tutti comprendano quanta delicatezza e sensibilità, quanto genio può esserci in ognuno di loro, per trarre piacere dall’esporsi e per dare piacere a chi scruta curioso.
Mi auguro che l’esperimento, che dovrà superare l’estrema riservatezza ed il perfezionismo di alcuni nostri soggetti (in opposto all’istrionismo di altri), possa riuscire. Sarebbe un bene per tutti.
GFM
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